TERAMO – Non ci sta “L’Abruzzo al Centro”, l’associazione di riferimento dell’assessore Mauro Di Dalmazio, alle accuse di “ignavia” che il Pd ha indirizzato verso il governatore Gianni Chiodi in tema di riordino della Province dopo l’accorpamento di Teramo all’Aquila. “Il PD non tenti di nascondere i propri problemi accusando la Regione – si legge in una nota del presidente Francesco Di Giacomo -poiché non è vero che il Consiglio regionale “non ha deciso”. L’associazione spiega perché: “Abbiamo già evidenziato come questa riforma, così architettata, sia una incompiuta che rischia non solo di non raggiungere i benefici di riduzione della spesa pubblica sperati, ma di creare disparità di trattamento tra i territori. L’unica decisione sensata dunque è quella di non rendersi complici di una “mezza riforma” inutile e mal ideata. Questa è stata la posizione della Giunta Chiodi e del Pdl, peraltro condivisa anche dall’Idv e dall’Api, che hanno rispedito al mittente il tentativo di dividere gli abruzzesi in una lotta “tra poveri” per la salvaguardia dei territori e scelto di procedere al ricorso alla Corte Costituzionale a fronte della decisione del Governo di andare avanti. Diversa – prosegue la nota diffusa da Abruzzo al Centro- la posizione del capogruppo regionale del PD Camillo D’Alessandro che ha tentatodi sminuire la storia e la valenza di Teramo nell’intento di attaccare il suo principale avversario politico, che ha il “peccato originale” di essere teramano. Il tutto con buona pace dei consiglieri “nostrani” del suo partito, sui quali il giudizio ci sembra correttamente espresso dai loro stessi militanti in merito alla triste vicenda della “esautorazione” della De Sanctis dalla segreteria regionale del PD. Non è vero inoltre, secondo il gruppo di Di Dalmazio, che la decisione del Governo è frutto della “mancata proposta” della Regione Abruzzo. “Allo stesso D’Alessandro va forse fatto notare che “le risate romane”, cui si riferisce nel suo ultimo comunicato, si sono sentite già in data 22 ottobre ( il giorno prima del Consiglio Regionale), quando organi di stampa diffondevano l’assetto territoriale deciso autonomamente dal Governo, coincidente in effetti con quanto poi stabilito nel Decreto di riordino delle Province del 31 ottobre. E a quanti sono convinti del contrario, invitiamo a confrontare la decisione del Cal e del Consiglio Regionale delle Marche che stabiliva il riordino della regione in 4 province, con quella del Governo che ne ha stabilite 3, guarda caso le stesse anticipate dalla stampa. Qualunque soluzione “di parte” il Consiglio Regionale avesse voluto adottare, sarebbe stata vana: se a Roma qualcuno ride è per questo motivo, non già per la delibera regionale”. Infine l’associazione ribadisce il suo impegno ad andare avanti e accusa il Pd. "Largo apprezzamento ha raccolto l’impegno del sindaco Brucchi, che non si è fermato di fronte all’ipotesi di veder scomparire la provincia teramana. Al suo fianco abbiamo visto Teramo Nostra e una battagliera Ilaria De Sanctis, con alcuni altri giovani del suo partito (Pd). Non abbiamo visto, invece, alcun consigliere comunale o provinciale del PD. Al di là delle singole motivazioni, questo è un dato politico. Così come è un dato politico che il PD ,che oggi accusa Chiodi di “ignavia", ha “deciso” di uscire dall’aula per non prendere posizione. Come va chiamata dunque la posizione del PD ? Dobbiamo forse pensare che la veemenza con cui attaccano Chiodi serva a spostare l’attenzione dell’opinione pubblica dalla propria mancanza di coerenza? La battaglia per salvare la provincia di Teramo poteva e doveva essere una occasione per compattare tutte le forze politiche verso un obiettivo comune di tutti i cittadini. Si è tramutata, invece, in una triste sequenza di accuse infondate da parte di alcuni. Ci auguriamo che da qui in avanti il dibattito el’attenzione di tutti si focalizzi sulle strategie da adottare per “limitare al minimo” i danni di questa “mezza riforma” se dovesse raggiungere l’attuazione. Nel frattempo, continuiamo a sostenere Brucchi e attendiamo il ricorso della Regione Abruzzo alla Corte Costituzionale".
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